Catalogo, in lingua italiana, della Mostra alla Galleria "La Bussola" di Bari nel febbraio 1969, ed. La Bussola



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Testi critici del catalogo


    Seguo la pittura di Balsamo e la sua lenta ma sicura evo- luzione, verso forme sempre più perfette, fin dalla prima personale romana.

    Di questo pittore, che non è tanto giovane e neppure suf- ficientemente vecchio per poter godere i consensi corali della critica trionfante, ciò che ammiro di più è la caparbietà con la quale procede - in fondo è un autodidatta - sulla strada segnata dalla vocazione.

    Nessuno ha insegnato a Balsamo, difatti, l'arte complessa del disegno; nessuno gli ha insegnato ad elaborare gli impasti o a tenere i pennelli in mano. Tutto ciò ch'egli sa e fa deriva dall'interesse dimostrato per le cose: natura, oggetti, fenomeni sociali, temperamenti umani.

    Tutta la sua pittura, dall'epoca ormai lontana e fors'anche rinnegata dei suonatori di concertini (ha avuto vaste possibilità di conoscerne in terra pugliese), agli attuali paesaggi e nature morte che ritraggono aspetti diversi di questa sua seconda stagione della vita, tra la residenza abituale di Roma e i frequanti viaggi nel nord, altro non è se non il diario diligente - minuzioso e dettagliato - della sua curiosità di viandante.

    Sole e nebbia, tepori e brume si confondono e assommano nella gamma della sua produzione come aspetti diversi di un medesimo discorso chiuso nel contesto di una produzione a cui, se un rimprovero è da muovere, giusto è quello del troppo indulgere nel racconto.

    Ma non è poi stabilito che detta insistenza sia sempre un peccato, massime se ci si trova ad un pittore creatosi con forza di volontà e un'autodisciplina priva di qualsiasi traccia scolastica e pedantesca.

    Direi che il difetto Balsamo lo trasformi, ad un certo punto, in condiscendenza amorosa, quasi passionale: è la sedimentazione della civiltà mediterranea (intesa come fatto di costume e sviluppo di tradizioni) che scatena in lui la violenza dei rossi, smorzati, tuttavia, dai blu cupi che sono - intendo e gli uni e gli altri - l'alternativa offerta dal carattere nostro meridionale ai fenomeni dell'esistenza. Perché l'antitesi è in noi, insomma: essa nacque con noi per manifestarsi nel gioco alterno delle vicende. Chi, più di un meridionale, infatti, può essere nel medesimo tempo ilare e triste, ottimista e negatore di qualsiasi speranza?

    Cercatela qui la pittura di Balsamo e la troverete intera, completa, assoluta, leggibile: soprattutto. E non è poco in tempi, come questi, carichi di lusinghe e, pur'anche, di imbrogli e ambiguità.

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     I suoi paesaggi se dichiarano a volte un naturalismo, direi bruto, tanto gli accenti e le inquadrature sono così prive di ogni sentimentalismo, altre rasentano l'astratto per l' intrico delle linee e dei toni nei quali il pittore seguendo un proprio estro si è lasciato quasi sommergere dimenticando il vero e sedotto dell'arabesco che gli si è venuto a vivere sotto il pennello; e sono effetti di un' intensità e di una vitalità originali, sì, ma non pensati come tali e per questo efficaci artisticamente, ovvero stilisticamente. Stile, si sa, è conquista, conquista che si consegue lavorando duramente e la sua segnatura e inconfondibile anche se afugge a definizioni. In questa raccolta che rappresenta la scelta di un decennio di lavoro è facile riportarsi alle esperienze che cammin facendo il pittore ha vissuto controllando le sue risorse e riprovando, insieme, mezzi e cultura; perciò invenzioni, autentiche, veri e propri ritrovamenti, e ognuno caratterizzato da impulsi a dare della realtà un senso colto traveduto e sentito, sintesi di un interiore travaglio sorretto, cresciuto e maturato da fede nei valori della pittura.

    Nei suoi quadri il colore non è un fenomeno di luce, ma una modalità di volumi e di superficie. Ignora le mode e le ten- denze. Dipinge d'impeto, con pennellate ampie che sembrano ferite dai cui bordi tracciano ricordi compressi. Motivi agitati e commossi sono sempre presenti, anche nelle sfumature.

    La raffigurazione dipinta di motivi paesistici naturali, nei quadri di Vincenzo Balsamo è perfezionata dalla sofferenza congenita. Non a caso i colori predominanti, il bleu profondo e le varie tanalità del verde, evocano incubi che è difficile strappare dagli abitacoli dell'istinto.

    Questa Puglia vista e capita, amata e sognata, spogliata e rivestita a festa è la vera protagonista della pittura di Balsamo, ed è facile profezia asserire che lo sarà sempre: immagino che i suoi rossi fenici, i verdi raccolti nelle innumerevoli tonalità nella Foresta Umbra, le ocre salentine, i blu greci li porterà sempre con se, dovunque lo trascini il temperamento avventuroso, la curiosità, l'occasione o il destino. Balsamo non è di quegli artisti che si appagano presto e ambiscono alla stabilità: piuttosto mi sembra di riconoscere nel carattere della sua pittura quei segni di vagabondaggio e di alternativa che costituiscono il patrimonio più ricco della giovinezza. Come uno scavatore di diamanti che ha trovato una vena favolosa, Balsamo attinge a piene mani alle risorse della sua rigogliosa emotività. Incontentabile, fino all'ingordigia, egli si getta su un tema e lo sviluppa, lo rovescia, lo spolpa, lo sbrana, si impadronisce delle fibre più segrete, e da esse ricomincia a costruirlo con la pagana, gioiosa effusione della sua sensualità pittorica.

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