Gli elementi strutturali che sapientemente Vincenzo Balsamo delinea sulla tela,
invadono a poco a poco il supporto, riempiono ogni minimo spazio; lo articolano, anzi, in un testo, un testo visivo compiuto. Il riguardante lascia scorrere,
infatti, i movimenti dell’occhio lungo le linee che fluiscono all’interno delle composizioni. Spinte da un ordine di libere forze, movimentano la superficie
pittorica e insieme la smaterializzano quasi del tutto. Questa serie di cinquantotto piccoli formati che l’autore propone, sollecita insomma la piena visibilità
dell’opera così da permettere un’attenzione percettiva sempre nuova e rinvigorita. Una visione che non invita ad allontanarsi dal dipinto, per tutto coglierlo
da un angolo visuale più ampio, ma piuttosto ad avvicinarsi, a chinarvisi sopra, a protendersi su di esso per entrare in un mondo segreto di analitiche scritture.
Il codice che l’artista mette sotto i nostri occhi richiama i maestri dell’astrattismo novecentesco, amati col rispetto dei padri ma originalmente rivissuti in totale
autonomia.
L’artista ci sollecita subito ad avvalerci della sua officina creativa, a rintracciare il suo linguaggio-mondo, ad uscire con fermezza
dal nostro modo di vedere abituale. Colpisce immediatamente l’osservatore l’aspetto "grafico" delle sue opere. Sono linee che si spezzano, divagando flussi
repentinamente interrotti oppure sono equilibri fluttuanti, che pure hanno una loro tenuta costante. In questo caso il ductus lineare percorre tutta l’estensione
dipinta, non si interrompe, ma svia piuttosto in altre direzioni, in una sua potenziale estensione all’infinito. Eppure le linee esplorano spazi sempre nuovi,
racchiudono isole, rivelano geometrie leggere. Esili esse stesse come capelli, si accavallano, si affiancano, si sorpassano, ma mantengono una loro vita del tutto
autonoma. Suggeriscono soprattutto labirinti di segni grafici, di direzioni formali e, principalmente, di ritmi compositivi. L’alto e il basso sono ben definiti
dall’intenzionalità dell’autore che vuole suscitare in chi guarda le stesse emozioni da lui provate nel tracciarle, pur lasciandolo libero di leggervi solo ciò
che maggiormente l’attrae. L’assenza stessa di titoli va intesa in questo senso.
Balsamo compone le direzioni cromatiche dei dipinti con la stessa operatività dell’orafo o del mosaicista. È la preziosa successione
di piccole pennellate di colore stese a tratti distinti, sottratte ad ogni funzione mimetica o piuttosto a questa ludicamente richiamantesi come nel "paesaggio"
della composizione 185/A, che rappresenta un unicum in questa serie. Un aspetto cromatico dunque sempre vibrante per l’infinita varietà delle gradazioni
del colore alternativamente ora caldo ora freddo. Sono, infatti, le gamme dei blu e dei rossi a generare questa sorta di movimento costante. È un’opposizione
simbolica la loro che rappresenta una sorta di contrapposizione originaria tra un colore maschile e uranico, come il blu, ed uno femminile e ctonio come il rosso.
L’energica intensità del rosso così "tipicamente caldo, vivace e inquieto", come sostiene Kandinsky, che si sgrana nelle ocre rosse e nelle terre dorate, si coniuga
con la forza profonda del blu che dilaga negli azzurri. Sappiamo dalla stessa fonte come i colori che amano la profondità siano rafforzati dalle forme rotonde.
Un movimento interno richiama il flusso della coscienza, che pur sempre mantiene una sua unità nel fluire del tempo che tutto consuma e insieme conserva.
Negli spazi della memoria si ritrovano, infatti, risorse insperate: l’emozione del moto delle onde, il cangiante del mare delle origini… il ricordo degli organismi in
esso viventi.
Un’ambigua, perenne pulsione tra la mutevolezza del movimento, che tutto cambia e corrompe, e la perennità di ciò che è senza tempo,
immobile ed eterno, si produce sulla superficie dei supporti. Forme sospese, stimolate dalla luce, sono ferme ed immobili eppure si muovono all’interno delle
composizioni. Come se l’artista le avesse messe in posa o piuttosto già trovate "a posare" nella sua ricerca. Questo porsi delle forme in una stasi è simultaneamente
dimostrazione e consapevolezza del proprio modo di essere. Indotte dalla forza delle cromie, sospinte da pennelli finissimi, bordate da linee continue le vibrazioni
all’interno del quadro diventano prioritarie, inarrestabili. Uno stato che è insieme presente e potenziale. In ogni quadro si sviluppa una scansione che è ordinata e
ritmata all’interno delle orditure e nondimeno da queste tende ad esulare, pronta a scomporle ed a ricomporle in un ordine nuovo, simile al precedente ma da esso
del tutto diverso. Più che su di una scelta che risolva ogni dicotomia, che è l’elemento proprio della ricerca, connaturata ad ogni operazione artistica, Balsamo
sembra optare per un flusso esistenziale inarrestabile, colto nel suo equilibrio incerto, e mai per le rassicuranti certezze di una teoria capace di comporre tutti gli
elementi presenti.
I suoi quadri non sono diari privati o semplici espressioni di una ricchezza di tensioni soggettive, sono piuttosto una testimonianza
dell’assoluta, empatica simbosi che nasce tra l’artista e la superficie del supporto nel momento in cui valenze critiche ed operative moltiplicano le soluzioni
proposte di volta in volta. Sempre diverse e come sospinte da una perenne metamorfosi, esse sono le forze che sostengono la sua poetica e che motivano
la sua ricerca. L’attività creatrice di Balsamo combinando e ricombinando i suoi criptici accostamenti porta fuori la forma dalle secche dell’apparenza, la fa
scorrere in una dimensione circolare ed infinita dove hanno senso le dicotomie (caldo-freddo, affermazione-negazione, maschile femminile) ed i loro inesauribili
giochi di rimandi. Sono questi alla fine gli impulsi profondi che plasmano tutta la vita dei viventi. È la stessa forza vitale, a ben vedere, che ci sostiene o ci abbatte.
In questo, forse, l’artista riconosce il nostro comune cammino. La pittura di Vincenzo Balsamo diventa allora una serena, ma non per questo meno profonda,
meditazione sul destino del mondo e dell’uomo.
Gianni Cerioli |