nell’aprile 1970, ed. Galleria "La Vetrinetta" |
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Testo critico del catalogo Con il che non si assume che l'artista miri ad annullare
totalmente la misura oggettiva della natura: diremmo, invece, che
la natura gli rappresenta il giustificante pretesto per fissare un
processo astrattivo che promuova in certo qual modo una
reversibilità dei valori formali. Così come è assai bene espresso
nel dipinto «Paesaggio in autunno» (del '67), dove appunto i
segni della figuratività trasmutano in equivalenti non figurativi.
Un'eguale contrazione dei valori originari in accezioni ricostituite
si ha, inoltre, nella libera espressiva del colore che tende il più
delle volte ad escludersi dalla pania del tono locale per
determinarsi come puro organismo in sé autonomo, disposto -
vale a dire - verso un'armonia sicuramente indipendente. Pertanto, non verificandosi un sensibile distacco dalle nozioni
comuni, offerte appunto dalla natura, e tale da condurre il motivo
compositivo nella rigorosa sfera dell'astrazione, ne consegue che
la pittura di Balsamo si incentri essenzialmente nell'elaborazione
e nella trasformazione dell'oggetto in pura forma: forma che se
dissimula i caratteri didascalici delle apparenze sensibili, infine
non ne distrugge l'intima essenza. Tuttavia, anche se immerso nel clima assai severo delle
riduzioni formali, l'artista di tanto in tanto si riconduce ai cieli
dell'emozione e stempera il suo fiato lirico nell'evidenza più nota
della realtà: ecco, allora, il gettito improvviso - e incontrollato, si
direbbe - di alcune nature morte. Fitte di elementi e illividite di
colore, incastrate e tassellate in un ritmo serrato, macinate dalle
contrazioni di una geomatria cubista «autre» o ancora
linearmente distese nelle distribuite assonanze cromatiche,
ovvero raccolte in quella misura cézanniana che risolve
l'immagine nella campattezza degli oggetti, stretti in un unico
nucleo figurale. Anche qualche paesaggio assurge dal fondo di questa
pienezza poetica e ne mostra la sostanza nelle esplicite dichia-
razioni narrative che il giuoco distillato e drammatico della luce e
dell'ombra e la lava della materia aggrumata conducono peraltro
ad effetti non totalmente descrittivi. Così per tutte le composizioni
di fiori, aperti ad una solarità intensa, ridotti ad un'esplosione di
colore. Ma l'ingegno del pittore si consuma sempre in un graduale e
cosciente processo all'essenziale. Va detto, pertanto, che
l'eleborazione continua ed inesausta del motivo - che possiamo
agevolmente rilevare specie nelle opere recenti - apre le porte ad
un risultato chiaramente riduttivo dell'immagine. Sia per zone
che per masse e per stesure ampie e digradanti nel tono come
nelle infiorescenze materiche (si veda il felice dipinto
«Solitudine», del '65, di largo respiro permekiano),qui il
paesaggio discopre i suoi umori più interni, raggiungendo una
dimensione indipendente, ma non eversiva, che - peraltro - si
rispecchia senza rossore nei valori identificati e identificabili
della realtà. Ricostruito e rattificato il processo della percezione diretta
proprio in virtù dell'immediatezza del fare pittorico, ecco
determinarsi i valori interpretativi della realtà. E non è soltanto la
forma a concludere l'espressione, ma anche il colore con i suoi
strati timbrici in un alternante contraccolpo di corposità luminose.
E la materia, ancora, grave e perenne, che gravita sulle masse e
le assimila, riducendo lo spazio compositivo alla più estrema e
legittima misura formale. | ||